Libri per ragazzi e pregiudizi: una storia italiana
L’Italia è un paese strano, in tutti i sensi e in tutti e campi. Bellissimo e maledetto, in certi momenti ti fa sentire il più fortunato tra gli esseri umani a poterci vivere, per poi farti precipitare un istante dopo nello sconforto più totale per la voglia di emigrare lontano.
L’Italia è il paese delle contraddizioni: capace di produrre talenti invidiati in tutto il mondo, e allo stesso tempo di annegare tutto nella più mediocre comunicazione banale e stereotipata. Succede nella scienza, ambiente che conosco bene, e ahimè succede anche nella letteratura per ragazzi.
Che gli autori di libri per ragazzi in Italia non vengano minimamente considerati dal panorama culturale è storia vecchia, e le colpe sono molteplici, anche degli stessi autori che non si son mai presi la briga di farsi sentire. Questo però non giustifica opinioni superficiali e stereotipate come quelle espresse da nel suo Buongiorno “Perché non sappiamo più raccontare le favole” su La Stampa dell’8 gennaio scorso da Massimo Gramellini, che in quanto giornalista dovrebbe avere una responsabilità di informazioni prima di parlare di cose che conosce poco.
Ma questa volta, gli autori e le autrici per ragazzi non sono stati in silenzio: riuniti nell’Associazione Italiana di Scrittori per Ragazzi-ICWA hanno risposto con una lettera ufficiale, che riporto e che, in quanto socia ICWA, sottoscrivo parola per parola.
Gentilissimo Massimo Gramellini,
Siamo un nutrito gruppo di scrittori italiani di letteratura per bambini e ragazzi facenti parte dell’Italian Children’s Writers Association-ICWA (Associazione Italiana Scrittori per Ragazzi).
Abbiamo letto il suo Buongiorno dell’8 gennaio 2016 Non sappiamo più raccontare le favole con estremo interesse perché parla anche del nostro lavoro.
Pur concordando con molti punti del suo articolo, la sua analisi sulla situazione italiana ci è sembrata spericolata e, ci permetta, in alcuni aspetti carente di informazione.
Dalla fine dell’800 a oggi gli autori italiani non si sono “limitati a copiare praticamente tutto dagli americani” ma hanno contribuito a dare vita a un mercato editoriale di libri per bambini e ragazzi molto vivace, che affronta molti generi, con punti di vista e toni estremamente vari. Ci sono gli animali parlanti ma pure quelli che stanno in perfetto silenzio, come ci sono storie intrise di spiritualità laica, di poesia, che fanno ridere, piangere o tutt’e due le cose.
Ma non è un problema solo suo, e qualche responsabilità ce l’abbiamo anche noi come autori.
In Italia – a differenza che in Inghilterra – è difficile fare arrivare alle persone che si occupano di comunicazione e che fanno opinione, che l’editoria per ragazzi ha fatto passi notevoli dai tempi di Collodi. Che gli autori italiani fanno libri belli e a volte importanti, sovente tradotti e pubblicati all’estero, e che contribuiscono in maniera determinante ai destini del settore editoriale, anche in termini di vendite e fatturato.
Se ci permette invece, uno dei provincialismi italiani è non sapere riconoscere questi aspetti, di non distinguere la arborescente narrativa per ragazzi dalle generiche “favole”, di considerare la narrativa per i più giovani una sorta di serie B letteraria, le “storielle” da raccontare ai bambini per tenerli buoni.
Invece dietro alla narrativa per bambini e ragazzi c’è tutto un mondo, fatto di autori, editori, illustratori; di idee, di trovate, di persone che lavorano in maniera appassionata.
Se avesse voglia di scoprirlo si rivolga pure alla nostra associazione, che riunisce circa 60 narratori professionisti.
Saremo felici di raccontarle tutto.
La salutiamo cordialmente
Gli scrittori e le scrittrici di ICWA
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